All That's Left in the World by Erik J. Brown

autore:Erik J. Brown [Brown, Erik J.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2024-01-05T12:00:00+00:00

ANDREW

Dall’esterno, l’aeroporto nazionale Ronald Reagan è uno dei più banali che abbia mai visto.

È più grande del Bradley in Connecticut, ma non prende forse il nome da quel tizio per cui tutti quanti si eccitavano negli anni Ottanta? Ma se è davvero così, quel tipo che ha causato la morte per AIDS di migliaia di gay evitando semplicemente di prendere qualsiasi iniziativa, avrebbe forse potuto meritarsi dai suoi sostenitori di destra qualcosa di più pomposo e ostentato di questo squallido aeroporto, no?

Francamente, sono deluso.

«Dove dovremmo andare?» chiede Jamie.

La struttura del parcheggio coperto alla nostra destra è annerita dalla fuliggine di un incendio scoppiato al secondo livello e ormai spento da parecchio. Il cemento si è crepato ed è crollato a grossi blocchi sui cespugli che sono cresciuti nell’area sottostante.

Al di là del parcheggio, dopo la fila dei terminal, c’è un’alta torre di controllo. La indico. «Forse potremmo puntare laggiù? Magari un punto di vista più alto ci permetterebbe di capire dove dobbiamo andare.»

Jamie annuisce e tagliamo intorno al parcheggio. La recinzione che dovrebbe impedirci l’accesso è sfondata e aperta. Forse stiamo andando nella direzione giusta.

A mano a mano che avanziamo lungo i terminal, scopriamo che tutte le recinzioni che incontriamo sono state tagliate o abbattute per permettere alla gente di passare. Jamie mi lancia uno sguardo che sembra lasciare intendere che siamo sulla strada giusta.

A me, però, questa faccenda non piace. C’è un silenzio totale qui.

Non ci dovrebbe essere qualcuno lungo il percorso ad accogliere la gente? Qualche genere di posto di guardia nel parcheggio? Magari sono tutti nella torre di controllo.

Svoltiamo l’angolo che porta alle piste principali. Sono un tappeto di crepe ed erbacce, strinate da tracce di gomma bruciata che risalgono a prima del virus.

«Merda!» sussurra Jamie.

Il mio cuore sobbalza. Ci sono alcune decine di aeroplani, alcuni così piccoli da poter trasportare a malapena due persone, mentre altri sembrano più dei jet privati. Sono sparsi lungo le piste come se si trovassero in un parcheggio. I portelloni sono aperti ma i velivoli sono sporchi, ricoperti di polvere incrostata e di pollini. Sono qui da un bel pezzo.

Intorno non c’è nessun altro.

Guardo la pista in cerca di un qualche movimento. Tutto è immobile e silenzioso.

«Merda» dico anch’io. «Forse intendevano davvero il 6 ottobre?»

Jamie non deve trovare divertente la mia battuta, perché non apre bocca.

«C’è nessuno?» chiamo. Mi risponde solo l’eco della mia voce e la cosa mi fa rabbrividire.

Jamie mi afferra per un braccio. Mi indica una scaletta di discesa delle American Airlines parcheggiata accanto al terminal. E un corpo accasciato sui gradini.

Si sfila il fucile dalla spalla e io allungo la mano verso la fondina della pistola. Il metallo freddo dell’arma sembra fuoco sulla mia pelle, quasi ardesse dal desiderio di sparare.

Quel corpo è lì da un po’: la pelle è tesa come cuoio ed essiccata dal sole. La camicia bianca che indossa è strappata e ingiallita, e penzola come una seconda pelle staccata dalle ossa. Sangue rappreso incrosta un lato della scaletta, disegnando una specie di freccia che punta verso un foro sul cranio del cadavere.

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